sabato 29 ottobre 2011

Carmina Burana di Carl Orff

Codex Buranus:
« O Sorte,
come la Luna
mutevole,
sempre cresci
o decresci »
 Ci sono opere che sorprendono di continuo perché creazioni in grado di incanalare al proprio interno diverse energie. Trasmettono una forza simile all'estasi quando si entra in contatto con loro, che rapisce lo spettatore per poi stordirlo con una scossa elettrica che attraversa tutto il suo corpo. 

Sono quei rari casi in cui si commenta dicendo: “… questa volta ha superato se stesso”. Un’opera che lentamente acquista una sua identità, emancipandosi totalmente dal suo creatore. 

Sono sicura che in molti hanno vissuto quest’esperienza e sanno bene di cosa sto parlando. C’è forse qualcuno che pensa di non aver mai provato queste emozioni? Vi racconto la mia prima volta per chiarire meglio i vostri dubbi.

Erano gli anni dell’università e una sera un mio amico mi parla con entusiasmo di un concerto che è andato a vedere la giorno prima. Blaterava di qualcosa di entusiasmate, incredibile ed io lo ascoltavo, sorridendo del suo entusiasmo. Il giorno seguente si ripresenta da me e mi dice: “ Ascolta”. Mi lascia un cd e va via.

Ascolto per la prima volta "Carmina Burana" e rimango senza fiato. Musica, parole e movimento si fondono insieme in un effetto avvolgente e imperioso. Non mancano cambi repentini di tempo, passaggi di grande virtuosismo strumentale e vocale, antichi artefatti musicali come il canto piano e il canto popolare.

Si tratta di una composizione di Carl Orff, una cantata scritta tra il 1935-36 che ha creato ispirandosi si testi poetici Codex Latinus Monacensis, trovati nel tardo medioevo nel sud della Germania.

Non si può rimanere insensibile davanti al misticismo di tale poema. La stessa sensazione deve aver colto lo stesso Orff quando scoprì i 315 testi poetici del Codice Burano ritrovato nell’abbazia benedettina di Benediktbeure. Cominciò a rielaborarli, racchiudendo vari argomenti in 24 canti, con un libretto per lo più in latino, con un brano in alto tedesco medio e uno in provenzale. Intitolò la sua opera "Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis" ovvero "Canzoni profane per voci soliste e coro". 

Venne rappresentato per la prima volta l’8 giugno del 1937 nella Staatsoper di Francoforte riscuoteno un successo inimmaginabile.

Non è la solita musica classica, è molto di più. Una storia enigmatica che sveli lentamente con la pazienza dell’allievo coscienzioso che non ha paura di sfidare le sue capacità. Si tratta di un’opera suddivisa in tre sezioni che si apre con un prologo, "Fortuna imperatrix mundi", e si chiude con un epilogo di uguale intensità. L'ultimo coro, "Fortuna Imperatrix Mundi", è l'esatta controparte del primo e simboleggia l’evolversi del fato.

Segue la prima sezione, "Primo vere", incentrata su vari aspetti della primavera che include una sequenza di danze popolareggianti ( Uf dem anger).

La seconda parte è un inebriante scherzo nel quale il tenore impersona un cigno arrostito, "Abate della Cuccagna" esorta all'intemperanza e un coro finale raccoglie lo slancio per tentare di render tutti ebbri e felici.

La terza parte contiene uno dei pezzi forti, "Tempus est iocundum", (con coro di fanciulli) e termina con "Dulcissime". A questo punto "Blanziflor et Helena", una celebrazione di piena estate, da voce non soltanto alla consumazione della loro unione, ma anche ai Carmina Burana stessi: interviene, infine, il colpo di martello del Fato.

Carl Orff voleva realizzare un'opera completa per il teatro ispirata alla tragedia classica e al teatro musicale Barocco. Per me ci è riuscito.
Se siete curiosi  ascoltate e poi leggete la sua sublime composizione qui

Se volete approfondire ulteriormente questo articolo di Augusto Mastrantoni è molto interessante.

Fonte:


© Tutti i diritti delle opere e dei testi sono di proprietà dei rispettivi autori.

0 commenti:

Posta un commento